Ezekiel, il mio Baby Rainbow.
Dopo quasi 10 anni e 3 figli, mi sento pronta a raccontare il nostro doloroso ma altrettanto magico percorso verso la genitorialità.
Nel 2014 conosco l’amore della mia vita, Alan. A quei tempi vivevo a Berlino e lui in Ticino, chiaramente una relazione così non era affatto scontata, ma io, per scontato non ho mai dato nulla. Non sono una persona che si lega alle abitudini e alle routine di vita molto facilmente. Però in quel momento una cosa la so, la sappiamo… vogliamo un bambino insime!
Così, subito, durante una delle sue visite a Berlino mi accompagna dal ginecologo per rimuovere l’anticoncezionale (di questo parlerò sicuramente in futuro… altra lunga storia) e iniziamo il nostro percorso verso la genitorialità.
In tanti hanno pensato: questi due sono folli, appena si conoscno vivono a due poli dell’Europa e cercano un bambino ma chi mi conosce lo sa, nelle cose mi ci sono sempre buttata a capofitto, senza farmi troppe domani e senza pensare troppo al futuro.
Nel 2015 decisi di rientrare in Ticino. Iniziammo la nostra favolosa convivenza e giorno dopo giorno mi convincevo sempre di più di aver preso la decisione giusta, che Alan è davvero il mio Soulmate, ma mese dopo mese di baby nemmeno l’ombra… fino in novembre dopo quasi un anno di tentativi, appaiono sull’ennesimo bastoncino due leggerissime lineette!!! Evvaiiii ce l’abbiamo fatta!!!!!
Giunge il 09 di dicembre, il giorno della visita. Per festeggiare la sera prima avevamo prenotato un dolcissimo Hotel a Gudo (vai a capire poi perché, viviamo a Cadro e il ginecologo ai tempi era a Lugano). Facciamo colazione con vista sul Piano di Magadino nell’amorevole beatitudine di due che stanno per vedere il loro baby per la prima volta.
Arriviamo alla visita e… non c’è battito. Il battito di nessuno dei due. Dicono che dobbiamo tornare una settimana dopo per un’ulteriore controllo, forse la gravidanza non è datata bene.
Quella settimana l’ho vissuta in una bolla e con gli occhi gonfi. Ero afflitta e consapevole che non andava affatto bene. Alan era quello positivo e speranzoso.
Passò, molto lentamente, ma arrivammo al secondo controllo, siamo ormai sotto le feste e mi danno la ricetta per le pastiglie di Cytotec che devo assumere per via vaginale e attendere l’espulsione del materiale. Espulsione del materiale? Per me quello non è materiale. Quelli sono i miei bambini. Passo giorni e giorni con forti crampi e contrazioni. Un mattino mi alzo vado al gabinetto e vedo il materiale andare via e ho pensato, con anche un certo sollievo, okay ora siamo pronti a ripartire. Invece no… arriva Natale e ho ancora delle perdite e dei dolori. Partiamo per Laax il 26 nonostante tutto, voglio che almeno riusciamo ad approfittare di quei giorni in casa dei nostri cari amici e svagare la mente. Alan mi dice che se non salgo lui sta con me, non gli importa di fare snowboard. Sentivo quanto stava soffrendo anche lui, quando era totalmente nel mio dolore. Decido di salire, lui ha bisogno di scaricare e io ho bisogno di vedere un po’ di luce, mi fermo al NoName (al baretto) a prendere una cioccolata e un po’ di sole, ma le perdite sono ancora abbondanti e dolorose. La sera telefoniamo in ospedale a Coira e ci consigiano di contattare il ginecologo, potrebbe comunque essere normale che vada un po’ più per le lunghe. Aspettiamo… magari è normale. Il girno dopo telefoniamo in Ticino e pure ci confermano che bisogna avere pazienza tanto poi il martedì avrei avuto la visita di controllo.
Torniamo in Ticino proprio per la visita di controllo e infatti nulla andava bene, poche ore dopo ero in sala operatoria al Civico per un raschiamento, siamo al 29 di dicembre.
Il consiglio è di aspettare due cicli prima di riprendere le ricerche. Cosa saranno mai due cicli… Garantisco che per una donna che cerca di avere il suo bambino due mesi sono una vita.
Dentro mi vergongo… mi sento inadeguata. Mi sento sola.
So che Alan sta soffrendo, ma mi sento sola, sola con il mio corpo disfunzionante. Il mio corpo che mi ha sempre permesso di fare tutto, ma che per questo non è dalla mia parte.
Inizia il 2016 e pian piano ricominciamo la ricerca che a poco a poco stava diventando una ricerca più meccanica… una ricerca a comando. Tutta la magia del piacere iniziava a mancare. Il sesso era diventato un semplice atto per la riproduzione. Non un momento di condivisione dell’amore.
I mesi passano e la tristezza mette le radici dentro di me. Intorno a me rimangono tutte incinte.
Alan inizia a fare cilecca, d’altronde è umano, non è un dildo senz’anima a cui cambi le batterie e riparte. Sente la pressione. La mia pressione.
“Stasera ho la riunione del Sci Club.” – “No amore torna a casa perché sto ovulando”. OOOOOOH questi test dell’ovulazione, ora con il senno di poi e a mio modo di vedere totalmente inutili! Capiamo tutti però che con un preliminare di questo genere nemmeno un adolescente si ecciterebbe. Stavo diventando l’anti-viagra.
Verso metà primavera apporto dei cambiamenti, come il cambio di ginecologo il quale mi disse qualora avessi avuto un test positivo, d’iniziare immediatamente con del progesterone in vagina. In parallelo iniziamo degli esami ematologici e ormonali miei e uno spermiogramma per Alan dove scopriamo che aveva un batterio e io una forte tendenza a coagulare (tra l’altro, in seguito al raschiamento, nel mese di gennaio, avevo sviluppato dei trombi che partivano dal luogo d’inoculazione del Venflon e salivano lungo il braccio… altra esperienza che potrò approndire, ma non ora). Alan inizia le sue due settimane di antibiotico e io la consapevolezza che qual’ora fossi rimasta incinta avrei iniziato con delle punture di Clexane quotidiane. A livello ormonale però tutto in regola.
Decidiamo per l’estate di partire in California 3 settimane. Per riprenderci la vita e la spensieratezza in mano. Ritroviamo la spensieratezza tanto desiderata, ci divertiamo come due matti tra gli skatepark californiani, l’oceano e perché no, qualche canna ogni tanto, tornando puri e semplici… ci ritroviamo!
Inizia il 2016 e pian piano ricominciamo la ricerca che a poco a poco stava diventando una ricerca più meccanica… una ricerca a comando. Tutta la magia del piacere iniziava a mancare. Il sesso era diventato un semplice atto per la riproduzione. Non un momento di condivisione dell’amore.
I mesi passano e la tristezza mette le radici dentro di me. Intorno a me rimangono tutte incinte.
Alan inizia a fare cilecca, d’altronde è umano, non è un dildo senz’anima a cui cambi le batterie e riparte. Sente la pressione. La mia pressione.
“Stasera ho la riunione del Sci Club.” – “No amore torna a casa perché sto ovulando”. OOOOOOH questi test dell’ovulazione, ora con il senno di poi e a mio modo di vedere totalmente inutili! Capiamo tutti però che con un preliminare di questo genere nemmeno un adolescente si ecciterebbe. Stavo diventando l’anti-viagra.
Verso metà primavera apporto dei cambiamenti, come il cambio di ginecologo il quale mi disse qualora avessi avuto un test positivo, d’iniziare immediatamente con del progesterone in vagina. In parallelo iniziamo degli esami ematologici e ormonali miei e uno spermiogramma per Alan dove scopriamo che aveva un batterio e io una forte tendenza a coagulare (tra l’altro, in seguito al raschiamento, nel mese di gennaio, avevo sviluppato dei trombi che partivano dal luogo d’inoculazione del Venflon e salivano lungo il braccio… altra esperienza che potrò approndire, ma non ora). Alan inizia le sue due settimane di antibiotico e io la consapevolezza che qual’ora fossi rimasta incinta avrei iniziato con delle punture di Clexane quotidiane. A livello ormonale però tutto in regola.
Decidiamo per l’estate di partire in California 3 settimane. Per riprenderci la vita e la spensieratezza in mano. Ritroviamo la spensieratezza tanto desiderata, ci divertiamo come due matti tra gli skatepark californiani, l’oceano e perché no, qualche canna ogni tanto, tornando puri e semplici… ci ritroviamo!
Rientriamo, siamo a metà luglio non arriva il ciclo. Sono incinta.
Qualcosa non mi lascia tranquilla continuo a ripetere nei giorni dei test di gravidanza. Sempre positivi. Test di gravidanza di ogni genere.
Un pomeriggio sono al lavoro, un giovedì, sento due leggerissime quasi impercepibili fitte, ma io le ho sentite. Le colleghe mi dicono di stare tranquilla, che non è nulla. Io sentivo qualcosa nel mio cuore, come un piccolo peso. Un’amica-collega, mi crede e propone di accompagnarmi in ospedale dopo il lavoro. Non dico a nulla ad Alan. Non voglio farlo preoccupare per qualcosa che sicuramente è solo un mio trip mentale. Non voglio tirarlo giù nel mio vortice della negatività.
Entro in sala visita, ecografia transvaginale. In utero non c’è nulla. A quest’età gestazionale si sarebbe già dovuto vedere il sacco vitellino. Devo tornare tra 48 ore. Nel dolore chiamo Alan, lo sentivo, il mio istinto di mamma mi diceva che qualcosa non stava andando per il verso giusto, non era solo una mia paranoia. Tra un pianto e l’altro cerchiamo di superare queste ore. Andiamo al concerto di Lana del Rey che mi aveva regalato per il compleanno, molto più che un regalo, si è rivelato una fantastica distrazione almeno per qualche ora, da quello che stava succedendo e ancora oggi ricordo Lana del Rey con molto piacere e amore.
L’indomani siamo pronti a tornare in ospedale per prelievo ed ecografia. Le beta continuano a salire, ma in utero ancora nulla. È confermata la Gravidanza Extrauterina. Mi ricoverano per l’iniezione di Methotrexat, che spiegato alla brutto cane, è un farmaco utilizzato per tutt’altro (un po’ come il Cytotec, creato per una cosa e trovati effetti in altro ancora) ma che come effetto fa sciogliere sempre quel famoso “materiale”, il mio bambino.
Nel corso della settimana sono dovuta tornare in ospedale ogni tot ore per ripetere il valore delle Beta ma che, nonostante tutto erano in continuo aumento. Il mio bambino non voleva saperne, lui voleva vivere… purtroppo però non nel posto giusto.
A fine settimana mi ventilano la possibilità di ripetere l’iniezione e per me, mancante forse anche di lucidità: non se ne parla proprio!
Dopo la prima inizione non puoi cercare una gravidanza per 3 mesi. Già non potevo avere questo mio terzo bambino e in più dovevo aspettare ancora così a lungo prima di poter provare??? Nel mio immenso dolore questo era già il massimo al quale potevo ancora mentalmente e fisicamente essere disposta ad attendere prima di riprendere le ricerche. Facendo la seconda iniezione avrei dovuto mettere le mie ovaia e riposo con una pillola continuativa per 6 mesi, il doppio.
Fortunatamente quel giorno il mio ginecologo era rientrato “non ufficilmente” dalle vacanze, ma il gentilissimo assistente riuscì a contattarlo. Mi volle vedere subito in studio da lui.
Dopo la sua ecografia mi chiese: “Quando hai mangiato l’ultima volta?” – “La Patty mi ha appena offerto un biscotto.” Oh dolce Patty… “Non mangiare più nulla, torna in ospedale che tra 6 ore ti porto in sala operatoria. Però l’embrione sta crescendo molto vicino all’utero e cercare di rimuoverlo potrebbe creare danni più importanti. Con alta porbabilità dovrò asportarti tutta la tuba.”. Disse con un tono molto pacifico che ancora ricordo come una brutta notizia ma data con buona intenzione e così fu. Mi asportò una tuba.
A quel punto dovevo solo riprendermi dai buchini della laparoscopia, riposare e lasciare andare per iniziare un nuovo momento, però ero stremata. Come sarei rimasta incinta se già faccio fatica? Se già con due tube rimango incinta una volta ogni morte di papa e poi perdo?
Assumo la pillola per i tre mesi con angoscia e pensiero ogni mattina nel vederla.
A inizio novembre sono libera da questa pillola. Il 16 novembre mi arriva il ciclo. A metà dicembre sono incinta.
Lo dico ad Alan che rimane sorpreso ma triste, non è più come la prima volta che gli dissi di essere incinta, solo gioia. Ora è una gioia accompagnata dal dolore e dalla paura. Questa sensazione ci accompagnerà per 9 mesi, fin quando a fine agosto 2017 abbiamo stretto tra le nostre braccia l’arcobaleno, il nostro Ezekiel.